Lettera della visita al Re

Roma, 30 aprile 1911

Caro Peppino,

Ho ricevuto tue notizie ieri sera, anche da Umberto Cerusico, e sono contento che vai ricuperando le forze, e che passi giorni tranquilli. Io sono sempre occupato come il solito, e tra ufficio e casa non ho mai un momento libero. Volevo farti subito una minuta narrazione della visita al Re: ma lo faccio ora, non essendomi stato possibile farlo prima: e ti scrivo dall’Istituto degli orfani dove sono venuto per le mie consuete faccende.

La visita al Re riuscì, dunque, splendidamente.

Entrammo in Palazzo per l’ingresso di fronte a S. Andrea, in due vetture, in una delle quali ero io e il Cav. Maspes, e nell’altra il Comm. Gisci e l’On. Schanzer. Ricevuta al portone una grande scappellata, la vettura ci portò per la via interna dei giardini: e arrivata alla porta designata si fermò. Qui tre corazzieri allineati ci fecero il saluto militare come fossimo stati 4 sovrani, e cominciammo a salire le scale tutte coperte con tappeto a vari colori. Al primo ripiano, altro profondo inchino e saluto da due colossali domestici di Corte vestiti in divisa rossa. Fatte altre due scale fummo introdotti nell’anticamera, salutati da altri servi in rosso, e da camerieri in uniforme nera di foggia medioevale, con una lunga catena argentata sul petto che ci tolsero i cappelli e i soprabiti e c’introdussero nella prima sala. Qui fummo ricevuti dall’Ufficiale di servizio e dall’aiutante di Campo, i quali segnarono i nostri nomi, e poi si ritirarono per annunciarci a S. M.

Io portavo con me la cartella che ero incaricato di consegnare al Re. Era un’ora dopo mezzogiorno. Dopo tre o quattro minuti fummo avvertiti che potevamo passare: traversammo altre due splendide sale, e poi ci fu aperta la porta di quella ove era il Re.

Sa Maestà era solo in piedi, in mezzo alla camera ad attenderci. Quando vide aprire la porta, ci venne incontro. Entrò per primo l’On. Schanzer, e poi noi tre, uno per volta. Schanzer presentava quello che entrava, il quale faceva una riverenza al Re che gli andava incontro stringendo a ciuascuno cordialmente la mano. Poi si mise a sedere sopra un sofà, e ci disse: si accomodino. Allora sedemmo anche noi su 4 poltrone, proprio vicino a lui.

L’On. Schanzer prese la parola, e lo ringraziò anzitutto del dono dei proventi della sua opera a beneficio dell’Istituto degli Orfani: quindi gli consegnò la medaglia d’oro coniata appositamente. Il Re la prese, e la esaminò con interesse, e ripetutamente, e chiese spiegazioni sulle figure allegoriche che rappresentano la scienza e la beneficenza. Poi fece delle domande sul motto latino composto da me e inciso sulla medaglia; ed io presi la parola accennando alla natura dei versi: e il Re osservò che anche nelle antiche monete si usava scrivere parole latine con una chiusa metrica.

Poi l’On. Schanzer gli disse che avevamo espresso i nostri ringraziamenti anche per iscritto e allora io mi alzai e consegnai la cartella nelle mani del Re. S. M. l’aprì, lesse qualche cosa soddisfatto, e dicendo che non era necessario che avessimo fatto tanto. In seguito Schanzer gli accennò la speranza di una proposta di legge per un contributo di tutti gl’impiegati a favore degli orfani. Il Re fece molte domande sul numero dei soci iscritti, e su quello degli orfani ricoverati a Spoleto, e ricordò che egli era passato per quei luoghi, e aveva veduto di lontano la Rocca.

Il Comm. Gisci lo ringraziò di una onorificenza a lui concessa l’anno scorso, e poi gli chiese se potevano sperare in una sua visita al nostro Istituto di Spoleto. S. M. non disse di no; ma osservò che è occupatissimo rispondendo quasi confidenzialmente: <<Oggi ho l’Inglese, domani viene il Francese, dopodomani lo Svedese, eppoi dovrò andare a Torino: non mi rimane un momento libero!>>.

Poi si trattenne ancora a parlare di cose di numismatica, e infine si alzò e ci licenziò, accompagnandoci verso la porta, e stringendo a tutti la mano.

Erano le ore 13,29.

Questa la descrizione del ricevimento riuscito della maggiore soddisfazione: e conserverai quindi questa lettera “ad perpetuam memoriam”.

Noi di casa stiamo tutti bene, e saluti carissimi a te e a Lisa.

Godete e divertitevi – aff.mo fratello Ettore.

[Roberto Quirino]

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